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      III • A QUALE CONDIZIONE SI PUÒ RISPETTARE IL PASSATOIl monachismo, così come esisteva in Ispagna e come esiste nel Tibet, è per la civiltà una specie di tisi. Arresta di botto la vita e spopola, semplicemente: clausura, sinonimo di castrazione. In Europa è stato un flagello. Aggiungete a tutto ciò la violenza tanto spesso fatta alla coscienza, le vocazioni forzate, il feudalismo che s'appoggia sul chiostro, la primogenitura che riversa nel monachismo il soverchio della famiglia, le ferocie di cui abbiamo parlato, gli in pace, le bocche tappate, i cervelli murati, tante sfortunate intelligenze messe nella cella dei voti eterni, la vestizione, seppellimento d'anime perfettamente viventi; aggiungete i supplizi individuali alle degradazioni nazionali e, chiunque siate, vi sentirete fremere alla vista della tonaca e del velo, due sudarî d'invenzione umana.
      Pure, da un certo punto di vista e in certi luoghi a dispetto della filosofia, e del progresso, lo spirito claustrale persiste in pieno secolo decimonono, e una bizzarra recrudescenza ascetica stupisce in questo momento il mondo civile. L'ostinazione che le vecchie istituzioni mettono nel perpetuarsi assomiglia a quella del profumo rancido che la vostra capigliatura reclamasse, alla pretesa del pesce guasto che volesse esser mangiato, alla persecuzione dell'abito infantile che volesse vestire l'uomo e alla tenerezza dei cadaveri, che venissero ad abbracciare i vivi.
      «Ingrati!» dice il vestitino, «io vi ho protetti nel cattivo tempo.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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