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      Quanto a noi, che non crediamo ciò che quelle donne credono, ma viviamo com'esse per la fede, non abbiam mai potuto osservare senza una specie di terrore religioso e commosso, senza una sorta di compassione piena d'invidia quelle creature devote, tremanti e fiduciose, quelle anime umili e auguste, che osano vivere proprio sull'orlo del mistero, aspettando fra il mondo che è chiuso e il cielo che non è aperto, volte verso la luce che non si vede, avendo soltanto la felicità di pensare ch'esse sanno dove si trovi e aspirando all'abisso e all'ignoto, coll'occhio fisso sull'immobile oscurità, inginocchiate, sperdute, stupefatte e frementi, semi sollevate, in certe ore, dai profondi aneliti dell'eternità.
      LIBRO OTTAVOI CIMITERI PRENDONO QUEL CHE SI DÀ LORO
      I • IN CUI SI TRATTA DEL MODO D'ENTRARE NEL CONVENTOQuella era la casa in cui Jean Valjean era, come aveva detto Fauchelevent, «caduto dal cielo».
      Egli aveva scalato il muro del giardino che formava l'angolo della via Polonceau. Quell'inno angelico che aveva inteso nel cuor della notte, erano le suore, che cantavan mattutino; quella sala da lui intravista nella oscurità, era la cappella; quel fantasma che aveva visto steso a terra, era la suora che faceva la riparazione; quel sonaglio che l'aveva così stranamente sorpreso col suo rumore, era del giardiniere, attaccato al ginocchio di papà Fauchelevent.
      Una volta messa a letto Cosette, Valjean e Fauchelevent avevano, come s'è visto, cenato con un bicchier di vino e un pezzo di formaggio, davanti a una bella fascina fiammeggiante; poi, siccome il solo letto che vi fosse nella baracca era occupato da Cosette, s'eran buttati ciascuno sopra un fascio di paglia.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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