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      Le quattro tavole del feretro sprigionavano una specie di pace terribile. Sembrava che il riposo dei morti entrasse nella tranquillità di Jean Valjean.
      Dal fondo di quella bara, egli aveva potuto seguire e seguiva tutte le fasi del terribile dramma ch'egli rappresentava colla morte.
      Poco dopo che Fauchelevent aveva finito d'inchiodare la tavola superiore, Valjean s'era sentito sollevare, poi trasportare; dal diminuire delle scosse, aveva compreso che si passava dal selciato alla terra battuta, vale a dire che aveva abbandonato le vie, ed era arrivato ai viali. Da un sordo rumore aveva indovinato che si stava attraversando il ponte d'Austerlitz; alla prima sosta, aveva capito che si stava entrando nel cimitero, alla seconda, s'era detto: «Ecco la fossa.»
      Sentì bruscamente che alcune mani afferravano la bara, poi udì un lieve sfregamento sulle tavole e si rese conto che si trattava d'una corda che veniva legata intorno al feretro, per calarlo nello scavo.
      Ebbe in seguito una specie di stordimento; probabilmente, i becchini e l'affossatore avevan lasciato oscillare il feretro, calando prima la testa e poi i piedi. Tornò completamente in sé, quando si sentì orizzontale e immobile. Aveva toccato il fondo.
      Sentiva un certo freddo.
      Una voce s'alzò sopra di lui, gelida e solenne. Intese passare, così lente che poteva afferrarle una dopo l'altra, alcune frasi latine, che non capiva:
      «Qui dormiunt in terrae pulvere, evigilabunt; alii in vitam aeternam, et alii in opprobrium, ut videant semper.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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