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      Quel fanciullo viveva in quell'assenza d'affetti, come quelle pallide erbe che spuntano nelle cantine. Pure non soffriva per esser così e non se la pigliava con nessuno: non sapeva con esattezza come dovessero essere un padre e una madre. Del resto, sua madre amava le sue sorelle.
      Abbiam dimenticato di dire che sul boulevard del Tempio quel bimbo si chiamava il piccolo Gavroche. Perché si chiamava Gavroche? Probabilmente perché suo padre si chiamava Jondrette.
      Sembra che l'istinto delle famiglie miserabili sia quello di rompere il filo.
      La camera che i Jondrette abitavano nella stamberga Gobeau era l'ultima, in fondo al corridoio. La cella a fianco di essa era occupata da un giovinotto poverissimo. che si chiamava Mario.
      Diciamo chi era Mario.
      LIBRO SECONDOIL GROSSO BORGHESE
      I • NOVANT'ANNI E TRETADUE DENTIIn via Boucherat, in via Nazionale e in via Santonge esistono ancora taluni abitanti che han conservato il ricordo d'un buon vecchio, chiamato il signor Gillenormand, e che ne parlano con compiacenza. Quel buon uomo era vecchio, quand'essi erano giovani; e la sua figura, per coloro che guardano malinconicamente quel vago formicolio d'ombre che si chiama il passato, non è ancora del tutto scomparsa dal labirinto delle vie vicine al Tempio, alle quali, sotto Luigi XIV, si diedero i nomi di tutte le province di Francia, assolutamente allo stesso modo che ai nostri giorni si son dati alle vie del nuovo quartiere di Tivoli i nomi di tutte le capitali d'Europa; progressione, sia detto di sfuggita, in cui è visibile il progresso.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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