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      Allora la moglie è occupata, s'appassiona a maneggiare il denaro, s'insudicia le dita di verderame, intraprende l'allevamento dei coloni e l'educazione dei fattori, convoca gli avvocati, presiede agli atti notarili, conciona i notai di provincia, visita i legulei, segue i processi, redige gli atti d'affitto, detta i contratti, si sente sovrana, vende, compera, regola, comanda a bacchetta, promette e compromette, lega e scioglie, cede, concede e retrocede, arrangia e mette fuori di posto, tesoreggia e prodiga; fa mille sciocchezze, felicità personale e magistrale, e ciò la consola. Mentre il marito la disdegna, ha la soddisfazione di mandarlo in rovina». Codesta teoria, Gillenormand l'aveva applicata a se stesso, tanto che essa era divenuta la sua storia; sua moglie, la seconda, aveva amministrato la sua fortuna in modo tale, che al signor Gillenormand era rimasto, quando si trovò vedovo, proprio quanto era appena bastante per vivere, collocando quasi tutto in un vitalizio, ossia circa quindicimila franchi di rendita, i tre quarti della quale dovevano spegnersi con lui. Egli non aveva esitato, poco preoccupato dalla cura di lasciare un'eredità. Del resto, aveva visto che i patrimoni avevano i loro rischi: per esempio, diventavano beni nazionali. Aveva assistito agli avator del terzo consolidato e credeva poco al gran libro del debito pubblico. Tutto ciò è roba da via Quincampoix, diceva. Come già s'è detto, la casa di via Figlie del Calvario gli apparteneva. Aveva due domestici, «un maschio e una femmina»; e quando un domestico entrava in casa sua, Gillenormand lo ribattezzava.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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