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      Fu a Friedland: poi vide Mosca e la Beresina, poi Lutzen, Bautzen, Dresda, Wachan, Lipsia e le gole di Gelenhausen; poi Montmirail, Château-Thierry, Craon, le rive della Marna, le rive dell'Aisne e la terribile posizione di Laon. Ad Arnay-le-Duc, dov'era capitano, sciabolò dieci cosacchi e salvò, non il suo generale, ma il suo caporale; in quella occasione fu crivellato di ferite e gli vennero estratte ventisette schegge d'osso dal solo braccio sinistro. Otto giorni prima della capitolazione di Parigi, aveva fatto il cambio con un camerata ed era entrato nella cavalleria. Aveva quella che nel vecchio regime si chiamava la doppia mano, vale a dire un'ugual attitudine a maneggiare, come soldato, il fucile e la sciabola e
      , come ufficiale, un battaglione o uno squadrone; dalla quale attitudine, perfezionata dall'educazione militare, son nate certe armi speciali, i dragoni, per esempio, che sono contemporaneamente cavalieri e fanti. Accompagnò Napoleone all'isola d'Elba. A Waterloo, era comandante d'uno squadrone di corazzieri nella brigata Dubois, e fu lui a impadronirsi della bandiera del battaglione del Luneburgo, che andò a gettare ai piedi dell'imperatore. Era coperto di sangue: aveva ricevuto, nello strappare la bandiera, una sciabolata attraverso il viso. L'imperatore, contento, gli gridò: «Sei colonnello, sei barone, sei ufficiale della Legion d'onore!» Pontmercy rispose: «Sire, vi ringrazio per la mia vedova,» un'ora dopo, cadeva nel burrone d'Ohain. Ora, chi era questo Giorgio Pontmercy?


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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