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      Vi si giudicavano i fatti e gli uomini. Si scherniva il secolo, cosa che dispensava dal comprenderlo, e ci si aiutava l'un l'altro nello stupore, comunicandosi reciprocamente la quantità di luce che si aveva. Matusalemme informava Epimenide, il sordo metteva al corrente il cieco. Si dichiarava non avvenuto il tempo trascorso dopo Coblenza, e nello stesso modo che Luigi XVIII era, per grazia di Dio, al venticinquesimo anno del suo regno, gli emigrati erano, di diritto, al venticinquesimo anno della loro adolescenza.
      Tutto era armonioso. Nulla era troppo vivo; la parola era appena un soffio e il giornale, intonato col salotto, pareva un papiro. V'erano dei giovani, ma erano un po' morti, e in anticamera la servitù era vecchiotta; quelle persone, completamente passate, erano servite da domestici dello stesso genere. Tutto aveva l'aria d'essere vissuto in un tempo remoto e d'ostinarsi contro il sepolcro; Conservare, Conservazione e Conservatore, ecco press'a poco tutto il dizionario di quell'ambiente. Il gran punto era d'essere in buon odore; e infatti, nelle opinioni di quei gruppi venerabili si sentivano gli aromi e le idee odoravan di spigo. Era una società mummia, in cui i padroni erano imbalsamati ed i servi impagliati.
      Una vecchia degna marchesa, emigrata e ridotta in miseria, che aveva ormai una sola governante, continuava a dire: La mia servitù.
      Che cosa si faceva nel salotto della signora T...? Si era ultra.
      Esser ultra; questa frase, sebbene quel ch'essa rappresenta non sia forse del tutto scomparso, non ha più senso oggidì. Spieghiamolo.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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