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      Sono io! Ho lo stesso tuo cuore, sono tuo figlio!» Come avrebbe abbracciato il suo capo canuto, inondato i suoi capelli di lagrime, contemplato la sua cicatrice, strette le sue mani, adorato i suoi vestiti e baciato i suoi piedi! Oh, perché quel padre era morto tanto presto, prima del tempo, della giustizia, dell'amore del figlio?
      Mario aveva nel cuore un continuo pianto, che diceva ad ogni istante: «Ahimè!» Contemporaneamente egli diventava più serio per davvero, più grave, più sicuro della sua fede e del suo pensiero. In ogni istante i bagliori del vero venivano a completare la sua ragione; si compiva in lui come una crescita interiore ed egli si sentiva come ingrandito da queste due cose, nuove per lui, il padre e la patria.
      Come quando si ha una chiave, tutto s'apriva; si spiegava quel che aveva odiato, capiva quel che aveva aborrito; vedeva ormai chiaro il senso provvidenziale, umano e divino, delle grandi cose che gli avevan insegnato a detestare e dei grandi uomini che aveva imparato a maledire. Quando pensava alle sue precedenti opinioni, che pure eran solo d'ieri e gli sembravano già tanto antiche, s'indignava e sorrideva.
      Dalla riabilitazione del padre era naturalmente passato a quella di Napoleone.
      Però, diciamolo, questa non s'era compiuta senza travaglio. Fin dall'infanzia l'avevano imbevuto dei pregiudizî della restaurazione, tutti i suoi istinti, tendevano a sfigurare Napoleone, ch'essa esecrava più ancora di Robespierre. Aveva abilmente impiegato a ciò la stanchezza della nazione e l'odio delle madri.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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