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      Si sentono sordi rumori, senza saper donde vengano, si vede rifulgere come una brace Giove, ch'è milleduecento volte più grande della terra, l'azzurro è nero, le stelle brillano: è uno spettacolo grandioso.
      Egli stava leggendo i bollettini della grande armata, strofe omeriche, scritte sul campo di battaglia. Vedeva di tanto in tanto il nome di suo padre e, sempre, il nome dell'imperatore; tutto il grande impero gli appariva; sentiva come una marea gonfiarglisi dentro e salire, gli sembrava in certi momenti che suo padre gli passasse vicino come un soffio, e gli parlasse all'orecchio; si straniava a poco a poco, credeva udire i tamburi, il cannone, le trombe, il passo cadenzato dei battaglioni, il galoppo sordo e lontano delle cavallerie; di tanto in tanto i suoi occhi s'alzavano verso il cielo e guardavan splendere nelle profondità infinite le costellazioni immense, poi ricadevano sul libro e vedevan su di esse agitarsi confusamente altre cose immense. Col cuore stretto, rapito, tremante, anelante, ad un tratto, senza che neppur sapesse che cosa ci fosse in lui né a che ubbidisse, stese le braccia fuori dalla finestra, guardò fisso l'ombra, il silenzio, l'infinita tenebra e l'eterna immensità e gridò: «Viva l'imperatore!»
      A partire da quel momento, tutto fu detto. L'Orco della Corsica, l'usurpatore, il tiranno, il mostro amante delle sorelle, l'istrione che prendeva lezioni da Talma, l'avvelenatore di Giaffa, la tigre, Buonaparte, tutto ciò svanì e lasciò il posto nella sua mente ad un vago e sfolgorante fulgore, nel quale splendeva ad un'altezza inaccessibile il pallido fantasma marmoreo di Cesare.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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