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      Era una specie di culto a due gradini, coll'altar maggiore per il colonnello e il piccolo altare per Thénardier. Accresceva la tenerezza della sua riconoscenza, l'idea dell'infortunio in cui sapeva caduto e scomparso Thénardier. Mario aveva appreso a Montfermeil la rovina e il fallimento del disgraziato albergatore e in seguito aveva fatto sforzi inauditi per trovare la sua traccia e cercare di giungere a lui, in quel tenebroso abisso di miseria in cui Thénardier era sparito. Aveva battuto il paese, era stato a Chelles, a Bondy, a Gournay, a Nogent, a Lagny, e per tre anni s'era accanito in quelle ricerche spendendo in esse quel poco denaro che risparmiava. Nessuno aveva potuto dargli notizie di Thénardier; lo si credeva passato in terra straniera. Anche i suoi creditori l'avevan cercato, con meno amore di Mario, ma con altrettanto accanimento, e non avevan potuto mettergli le mani addosso. Mario si rimproverava e quasi si adirava con se stesso di non riuscire nelle sue ricerche. Era il solo debito che il colonnello avesse lasciato e Mario ascriveva ad obbligo d'onore il pagarlo. «Come!» pensava. «Quando mio padre giaceva morente sul campo di battaglia, Thénardier ha pur saputo trovarlo, attraverso il fumo e la mitraglia e portarselo via sulle spalle! Eppure non gli doveva nulla; ed io, che debbo tanto a lui, non saprei raggiungerlo nell'ombra in cui agonizza e riportarlo a mia volta dalla morte alla vita? Oh, lo ritroverò!» E infatti, per ritrovare Thénardier, Mario avrebbe dato un braccio e, per toglierlo dalla miseria, tutto il sangue.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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