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      Si guardava bene dall'essere inutile e l'avere i libri non gli impediva di leggere, come l'esser botanico non gl'impediva d'esser giardiniere. Quando aveva conosciuto Pontmercy, v'era già fra il colonnello e lui questa simpatia, che cioé, quel che il colonnello faceva per i fiori, egli faceva per frutti; Mabeuf era riuscito a produrre pere di vivaio, altrettanto saporite quanto quelle di Saint-Germaine, e da una di quelle combinazioni nacque, a quanto pare, la susina mirabolana ottobrina, oggi celebre, non meno profumata della mirabolana estiva. Mabeuf andava a messa più perché gli piaceva che per devozione, e poi, perché gli piaceva il viso degli uomini, ma odiava il loro chiasso; solo in chiesa li trovava raccolti e silenziosi. Aveva scelto la carriera di fabbriciere, perché sentiva che nello stato bisognava essere qualche cosa; del resto, non era mai riuscito ad amare una donna al pari d'un bulbo di tulipano o un uomo quanto un elzeviro. Aveva da molto tempo oltrepassato la sessantina, quando un giorno qualcuno gli chiese: «Non vi siete mai ammogliato?» «Me ne sono scordato,» disse. Quando gli capitava, talvolta (e a chi non capita?), di dire: «Oh, se fossi ricco!» non era già nel far l'occhiolino ad una bella ragazza, come papà Gillenormand, ma nel contemplare un libro vecchio. Viveva solo, con una vecchia governante; era un po' gottoso e, quando dormiva, le sue vecchie dita, anchilosate dai reumatismi, si aggrinzavano sulle pieghe delle lenzuola. Aveva scritto e pubblicato una Flora dei dintorni di Cauteretz, con tavole a colori, opera piuttosto apprezzata, della quale possedeva le lastre in rame e che vendeva egli stesso.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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