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      Portò via la sua Flora, le sue lastre di rame, i suoi erbari, i manoscritti e i libri, e si stabilì vicino alla Salpetrière, in una specie di capanna del villaggio d'Austerlitz, dove aveva per cinquanta scudi all'anno tre camere e un giardino cintato da una siepe, col pozzo. Approfittò di quel trasloco per vender quasi tutti i suoi mobili. Il giorno del suo ingresso nel nuovo alloggio, fu allegrissimo e piantò egli stesso i chiodi per appendervi le stampe e gli erbarî; vangò il giardino per il resto della giornata, e la sera, vedendo che mamma Plutarco aveva l'aria triste ed era pensierosa, le batté sulla spalla e le disse, sorridendo: «Via! abbiamo l'indaco!»
      Due soli visitatori, il libraio di porta San Giacomo e Mario, erano ammessi a visitarlo nella capanna d'Austerlitz, nome chiassoso che gli era, per dire la verità, piuttosto sgradevole.
      Del resto, come già abbiamo accennato, i cervelli assorbiti in una dottrina o in una pazzia o, come capita spesso, in entrambe ad un tempo, sono soltanto lentamente permeabili alle cose della vita. Il loro destino è lontano da essi, e da codeste concentrazioni deriva una passività che, se fosse ragionata, rassomiglierebbe alla filosofia. Si declina, si discende, si scivola e talvolta si crolla anche, senza troppo accorgersene; la cosa finisce sempre, è vero, con un risveglio, ma tardivo. Nel frattempo pare che si sia neutrali nel gioco che si disputa fra la nostra fortuna e la nostra disgrazia; si è la posta e si guarda il gioco con indifferenza.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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