È un buon libro quello che leggete, mamma Plutarco; non v'é leggenda più bella di questa.
      E Mabeuf cadde in una fantasticheria deliziosa.
      V • POVERTÀ, BUONA VICINA DELLA MISERIAMario provava simpatia per quel vecchio candido che si vedeva lentamente ghermito dall'indigenza e che incominciava a stupirsi a poco a poco, senza tuttavia rattristarsi ancora. Mario incontrava Courfeyrac e andava a trovare Mabeuf; di rado, però, una o due volte al mese, tutt'al più.
      A Mario piaceva far lunghe passeggiate solo sui viali esterni, o al Campo di Marte o nei viali meno frequentati del Lussemburgo. Passava talvolta mezza giornata a guardare il giardino d'un ortolano, gli scomparti coltivati ad insalata, le galline del letamaio e il cavallo che girava la ruota del pozzo. I passanti l'osservavano con sorpresa e taluni trovavano che aveva una aria sospetta e una faccia sinistra; era solo un giovane povero, che andava sognando senza meta.
      Aveva per l'appunto scoperta la catapecchia Gorbeau in una di quelle passeggiate e, tentato dall'isolamento e dal buon mercato, vi aveva preso dimora. Là era conosciuto solo sotto il nome di signor Mario.
      Qualcuno degli antichi generali o degli antichi compagni di suo padre, che l'avevano conosciuto, l'invitarono a far loro visita e Mario non rifiutò, perché erano occasioni di parlare di suo padre. Si recava quindi, di tanto in tanto, dal conte Pajol, dal generale Bellavesne e dal generale Fririon, agli Invalidi; vi si faceva un po' di musica e si ballava. Quelle sere, Mario indossava il suo vestito nuovo; ma non si recava mai a quelle serate ed a quei balli se non nei giorni in cui gelava da spaccar le pietre, perché non poteva pagare la carrozza e voleva arrivare cogli stivali lucidi come specchi.