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      Ogni giorno, in ogni momento, attraverso il muro, li sentiva camminare, andare e venire, parlare, e non dava ascolto! In quelle parole v'eran gemiti, ed egli neppur li stava a sentire! Il suo pensiero era altrove, sprofondato in sogni e in effusioni impossibili, in amori campati nelle nuvole, in follie; e intanto quelle creature umane, quei suoi fratelli in Cristo, suoi fratelli nel popolo, agonizzavano al suo fianco, invano! Egli, anzi, faceva parte della loro disgrazia che aggravava; poiché, se avessero avuto un altro vicino meno chimerico e più attento, un uomo ordinario e caritatevole, evidentemente la loro indigenza sarebbe stata notata, i loro segnali di pericolo sarebbero stati scorti, e da molto tempo, forse, sarebbero già stati raccolti e salvati! Certo, sembravano molto depravati, molto corrotti e spregevolissimi, addirittura odiosi; ma sono rari quelli che cadono senz'avvilirsi, e v'è un punto del resto, in cui infelici e infami si con giungono e si confondono in una sola parola fatale: i miserabili. Di chi la colpa? Eppoi, forse che quanto più profonda è la caduta non dev'esser tanto più grande la carità?
      Mentre così moraleggiava (poiché talvolta Mario, come tutti i cuori veramente onesti, era il pedagogo di se stesso e si sgridava più di quanto non meritasse), osservava il muro che lo separava da Jondrette, come potesse far passare attraverso la parete il suo sguardo pieno di compassione, a riscaldare quei disgraziati. Quel muro era formato da un sottile spessore di gesso, sostenuto da correntini e travicelli e, come è stato detto or ora, lasciava perfettamente distinguere il suo no delle parole e delle voci: e bisognava sognare come Mario per non essersene accorto ancora.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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