Stava per salire la scala quando scorse dall'altra parte del viale, lungo il muro deserto della via della Barriera dei Gobelins, Jondrette, nel soprabito del «filantropo», che parlava a uno di quegli uomini dall'aspetto dubbio, detti vagabondi delle barriere; facce equivoche dai monologhi sospetti, che hanno l'aria di pensare al male, dormono di preferenza di giorno, il che fa supporre lavorino di notte.
      Quei due uomini discorrevano, immobili, sotto la neve che cadeva turbinosa, formando un gruppo che avrebbe certo richiamato l'attenzione d'un poliziotto, ma che Mario notò appena. Pure, nella sua preoccupazione dolorosa, non potè far a meno di dirsi che quel vagabondo al quale Jondrette parlava somigliava ad un certo Panchaud, detto Primaverile o Bigrenaille, che Courfeyrac gli aveva indicato una volta e che aveva fama nel quartiere di nottambulo piuttosto pericoloso. S'è visto nel libro precedente il nome di quest'uomo: codesto Panchaud, detto Primaverile o Bigrenaille, è apparso più tardi in parecchi processi penali ed è divenuto in seguito un furfante celebre. Allora non era ancora che un furfante abilissimo, mentre oggi è leggendario fra i banditi e i borsaioli. Faceva scuola verso la fine dell'ultimo regno e la sera, sul cader della notte, nell'ora in cui gruppi si formano e parlano a bassa voce, si parlava di lui alla Forza, nella fossa dei leoni; si poteva anzi, in quella stessa prigione e precisamente nel punto in cui passava sotto il corridoio della ronda quello spurgo delle latrine che servì alla incredibile fuga, in pieno giorno, di trenta detenuti, nel 1843, leggere il nome, panchaud, sopra il pavimento di quelle latrine, audacemente inciso da lui in uno dei suoi tentativi d'evasione.