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      «No.»
      «Ed io vi dico di sì.»
      «Lasciatemi in pace!»
      Mario spinse ancora la porta, ella continuò a trattenerla.
      «Ebbene,» ella disse, «avete torto. Sebbene non siate ricco, stamattina siete stato buono: siatelo ancora. M'avete dato da mangiare; ditemi ora che cos'avete. Avete un dispiacere, lo si vede. Ed io vorrei che non lo aveste. C'è qualche cosa da fare, per questo? Posso servirvi a qualche cosa? Servitevi di me. Non vi chiedo i vostri segreti e non avrete bisogno di dirmeli; ma infine, posso esservi utile e posso bene aiutarvi, dal momento che aiuto mio padre. Quando vi sono lettere da portare, quando v'è da andare a casa di qualcuno, o chiedere di porta in porta, o trovare un indirizzo o seguire qualcuno, servo bene allo scopo. Ebbene: potete dirmi quel che avete e io andrò a parlare alle persone. Certe volte, uno che parla colle persone basta perché si sappia una data cosa e tutto si accomoda. Servitevi di me.»
      Un'idea traversò la mente di Mario. Si spezza un ramo, quando ci si sente cadere?
      Egli s'avvicinò alla Jondrette.
      «Ascoltami...» le disse.
      Ella l'interruppe con un lampo di gioia negli occhi.
      «Oh, sì! Datemi del tu: preferisco.»
      «Ebbene,» egli disse. «Tu hai condotto qui quel vecchio signore con sua figlia...»
      «Sì.»
      «Conosci il loro indirizzo?»
      «No.»
      «Trovamelo.»
      L'occhio della Jondrette, già triste, s'era fatto lieto; ora divenne sinistro.
      «Questo volete?» ella chiese.
      «Sì.»
      «Li conoscete, forse?»
      «No.»
      «Ossia,» ella riprese vivacemente, «non la conoscete, ma volete conoscerla.»
      Quel li, ch'era diventato la, aveva un significato amaro.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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