«Si direbbe, vedendo cadere tutti questi fiocchi di neve, che ci sia in cielo una peste di farfalle bianche,» quando, ad un tratto, egli scorse Mario che risaliva la via verso la barriera, con un aspetto strano.
      «To'!» esclamò Bossuet. «Mario!»
      «L'ho visto,» disse Courfeyrac. «Non gli parliamo.»
      «Perché?»
      «Perché è occupato.»
      «A far cosa?»
      «Non vedi che faccia ha?»
      «Che faccia?»
      «Ha l'aria di uno che segua una persona.»
      «È vero,» disse Bossuet.
      «Guarda che occhi fa, dunque!» riprese Courfeyrac.
      «Ma chi diavolo sta seguendo?»
      «Qualche sgualdrinella dalla cuffietta a fiori. È innamorato.»
      «Ma» osservò Bossuet, «fatto sta che non vedo né sgualdrinelle, né cuffiette, né fiori in tutta la via. Non c'è l'ombra d'una donna.»
      Courfeyrac guardò ed esclamò:
      «Sta seguendo un uomo!»
      Infatti un uomo, con un berretto in capo e del quale si distingueva la barba grigia, sebbene si vedesse da tergo, camminava ad una ventina di passi avanti a Mario. Era vestito con una finanziera nuova fiammante, troppo grande per lui, e con un paio di calzoni spaventosi, a sbrendoli, tutti neri dal fango.
      Bossuet scoppiò in una risata.
      «Chi può essere quell'uomo?»
      «Quello?» riprese Courfeyrac. «È un poeta. I poeti portano piuttosto volentieri calzoni da mercanti di pelli di coniglio e giubbe da pari di Francia.»
      «Vediamo dove va Mario,» fece Bossuet, «e dove va quell'uomo. Li seguiamo, eh?»
      «Bossuet!» esclamò Courfeyrac. «Aquila di Meaux! Voi siete un portentoso bruto. Seguire un uomo che segue un uomo!»
      E tornarono indietro.
      Mario, infatti, aveva visto passare Jondrette per via Mouffetard e lo spiava.