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      Un agente corse alla finestra e guardò. Non si vedeva nessuno, fuori; ma la scala di corda tremolava ancora.
      «Diavolo!» mugulò Javert, fra i denti. «Doveva essere il miglior boccone!»
      XXII • IL PICCINO CHE GRIDAVA NEL LIBRO SECONDOIl giorno seguente a quello in cui s'eran compiuti questi avvenimenti nella casa del boulevard dell'Ospedale, un fanciullo, che pareva venisse dalla parte del ponte d'Austerlitz, risaliva lungo il viale secondario di destra, nella direzione della barriera di Fontainebleau. Era notte fatta. Quel fanciullo era pallido, magro, vestito di cenci, con un paio di calzoni di tela in pieno febbraio e cantava a squarciagola.
      Sull'angolo della via Petit Banquier, una vecchia stava china, frugando in un mucchio di spazzature alla luce del lampione; il fanciullo, nel transitare, l'urtò, poi indietreggiò, esclamando:
      «To'! Ed io che l'avevo presa per un enorme, un enorme cane!»
      La seconda volta, pronunciò la parola enorme con un beffardo ingrossamento di voce che potrebbe esser bene espresso colle maiuscole: un enorme, un enorme cane!
      La vecchia si rialzò, infuriata:
      «Moccioso da forca!» brontolò. «Se non fossi stata china, lo so io dove t'avrei dato una pedata!»
      Il fanciullo era già lontano.
      «Eh, eh!» fece. «A conti fatti, può darsi che non mi sia sbagliato.»
      La vecchia, soffocata dall'ira, si rizzò completamente e il rosso bagliore del lampione rischiarò in pieno la sua faccia livida, tutta incavata di solchi e di rughe, colle zampe di gallina che giungevano fino agli angoli della bocca.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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