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      I Borboni portaron seco rispetto, ma non rimpianto. Come abbiam detto, la loro disgrazia fu più grande di essi e si cancellarono all'orizzonte.
      La rivoluzione di luglio ebbe subito amici e nemici nel mondo intero. Gli uni si precipitarono verso di essa con entusiasmo e gioia, gli altri distolsero lo sguardo, ciascuno secondo la propria natura. I principi d'Europa, nel primo momento, gufi di quell'alba, chiusero gli occhi, feriti e stupefatti, e li riapersero soltanto per minacciare: sgomento che si può capire, collera che si può scusare. Quella strana rivoluzione era stata appena appena un urto; non aveva neppur fatto alla regalità vinta l'onore di trattarla da nemica e di versare il suo sangue; agli occhi dei governi dispotici sempre interessati nel vedere la libertà calunniarsi da sé, la rivoluzione di luglio aveva il torto d'esser grandiosa e di restar dolce. Del resto, nulla fu tentato o macchinato contro di essa e i più malcontenti, i più irritati e i più timorosi, la salutarono; quali che siano i nostri egoismi e i nostri rancori, un misterioso rispetto esce dagli avvenimenti nei quali si sente la collaborazione di qualcuno che lavora più in alto degli uomini.
      La rivoluzione di luglio è il trionfo del diritto, che atterra il fatto, cosa piena di splendore.
      Il diritto che atterra il fatto: ecco il perché del fulgore della rivoluzione del 1830, ecco il perché della sua tristezza. Il diritto che trionfa non ha alcun bisogno d'esser violento; è giusto, è vero.
      Proprio del diritto è il rimanere eternamente bello e puro.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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