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      Il diritto, troppo proclamato, sconquassa; perciò, una volta affermato il diritto, bisogna rafforzare lo stato e, assicurata che sia la libertà, pensare al potere.
      Qui i saggi non si staccano ancora dagli abili, ma incominciano a diffidare. Il potere, sta bene; ma, prima di tutto, che cos'è il potere? E in secondo luogo, da chi proviene?
      Gli abili non hanno l'aria di sentire l'obiezione mormorata e continuano la loro manovra.
      Secondo questi politici, abilissimi nel porre alle finzioni profittevoli la maschera della necessità, il primo bisogno d'un popolo, dopo una rivoluzione, quando questo popolo faccia parte d'un continente monarchico, è quello di procurarsi una dinastia. In tal modo, dicono, esso può aver la pace dopo la rivoluzione, vale a dire il tempo di medicare le ferite e di riparare la casa. La dinastia nasconde l'impalcatura e copre l'ambulanza.
      Ora, non è sempre facile procurarsi una dinastia. A stretto rigore, il primo uomo di genio o magari il primo uomo di ventura capitato basta per fare un re; nel primo caso, avrete Bonaparte, nel secondo, Iturbide. Ma la prima famiglia venuta non basta per fare una dinastia; v'è necessariamente una certa quantità d'antichità in una razza e la ruga dei secoli non s'improvvisa.
      Se ci si colloca dal punto di vista degli «uomini di stato», beninteso con tutte le riserve possibili, dopo una rivoluzione, quali sono le qualità del re che vien fuori da essa? Può esser utile, e lo è, che sia rivoluzionario, vale a dire che abbia partecipato di persona a quella rivoluzione, vi abbia posto mano, vi si sia compromesso o illustrato, che ne abbia sfiorato la scure o ne abbia maneggiato la spada.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Bonaparte Iturbide