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      La traccia lasciata in lui dalla rivoluzione era prodigiosa. Il suo ricordo era un'impronta vivente di quei grandi anni, minuto per minuto: un giorno, davanti a un testimonio del quale ci è impossibile dubitare, rettificò a memoria tutta la lettera A della lista alfabetica dell'assemblea costituente.
      Luigi Filippo fu un re in piena luce. Lui regnante, la stampa fu libera, la coscienza e la parola furon libere: le leggi di settembre sono trasparenti. Sebbene conoscesse il potere roditore della luce sui privilegi, lasciò il trono esposto alla luce; la storia gli terrà conto di questa lealtà.
      Luigi Filippo, come tutti gli uomini storici usciti di scena, è oggi sottoposto a giudizio dalla coscienza umana; ma il suo processo è ancora soltanto in prima istanza.
      L'ora in cui la storia parli col suo accento venerabile e libero non è ancor giunta per lui; non è venuto il momento di pronunciare su questo re il giudizio definitivo. L'austero e illustre storico Luigi Blanc ha recentemente mitigato egli stesso il suo primo verdetto: Luigi Filippo è stato l'eletto di quei due pressapoco che vengon chiamati i duecentoventuno e il 1830, ossia di un mezzo parlamento e d'una mezza rivoluzione; e in ogni caso, sotto il punto di vista superiore in cui deve porsi la filosofia, noi non potremo giudicarlo qui, come si sarà potuto già intravedere, se non con certe riserve in nome del principio democratico assoluto. Agli occhi dell'assoluto, all'infuori di questi due diritti, il diritto dell'uomo, prima di tutto, e il diritto del popolo, poi, tutto è usurpazione; ma quello che fin d'ora possiam dire, fatte queste riserve, è che, tutto sommato e in qualunque modo lo si consideri, Luigi Filippo, preso in sé e dal punto di vista della bontà umana, rimarrà, per servirci del vecchio linguaggio della vecchia storia, uno dei migliori principi che siano passati su un trono.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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