«Tu non credi a nulla.»
      «Credo a te.»
      «Vuoi farmi un favore, Grantaire?»
      «Tutti; anche lustrarti le scarpe.»
      «Ebbene: non impicciarti nelle nostre faccende. Smaltisci il tuo assenzio.»
      «Sei un ingrato, Enjolras.»
      «Tu saresti uomo da recarti alla barriera del Maine? Ne saresti capace?»
      «Io sono capace di scendere per la via Grès, d'attraversare la piazza Saint-Michel, di voltare in via Monsignor Principe, di prendere per via Vaugirard, d'oltrepassare i Carmelitani, di girare via D'Assas, d'arrivare in via Cherche-Midi, di lasciarmi alle spalle il Consiglio di guerra, di trotterellare per la via delle Vecchie Tuileries, di superare il boulevard e di seguire il viale del Maine, d'oltrepassare la barriera e d'entrare da Richefeu. Sono capace di far ciò: anzi, ne sono capaci le mie scarpe.»
      «Conosci un po' quei compagni che frequentano Richefeu?»
      «Non molto. Ci diamo soltanto del tu.»
      «E che dirai loro?»
      «Parlerò di Robespierre, perdiana! Di Danton, dei principî.»
      «Tu!»
      «Io; ma tanto nessuno mi rende giustizia. Quando mi ci metto, sono terribile. Ho letto Prud'homme, conosco il Contratto sociale, so a memoria la costituzione dell'anno secondo: 'La libertà del cittadino finisce dove la libertà d'un altro cittadino incomincia'. Mi prendi forse per una bestia? Ho in un cassetto un vecchio assegnato. I diritti dell'Uomo, la Sovranità del popolo, perbacco! Sono anzi un po' ebertista. E posso sfoggiare per sei ore, coll'orologio alla mano, cose superbe.»
      «Sii serio,» disse Enjolras.
      «Sono feroce,» rispose Grantaire.