Pagina (1114/1886)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Mario aveva una passione nel cuore e le tenebre sugli occhi; era spinto, attirato e non poteva muoversi. Tutto era svanito, eccetto l'amore; e dello stesso amore aveva perduto gli istinti e i subitanei lampi. Di solito, quella fiamma che ci arde ci illumina anche un poco, e tramanda qualche bagliore al difuori; ma quei sordi consigli della passione, Mario non li sentiva nemmeno più. Non si diceva mai: «Se andassi laggiù! Se provassi questo?» Colei ch'egli chiamava Ursula era evidentemente in qualche luogo; ma nulla avvertiva Mario della parte dove doveva rivolger le ricerche. Tutta la sua vita si riassumeva ormai in due parole: un'incertezza assoluta in una nebbia impenetrabile. Rivederla: vi aspirava sempre, non lo sperava più.
      Per colmo, la miseria tornava. Sentiva vicinissimo a sé quel gelido soffio; in mezzo a tutti quei tormenti, già da gran tempo lavorava solo a tratti; e nulla è più pericoloso del lavoro discontinuo. È un'abitudine che se ne va, un'abitudine facile a lasciarsi, difficile a riprendere.
      Una certa fantasticheria giova, come un narcotico in dosi discrete, addormenta le febbri, talvolta dure, dell'intelligenza al lavoro, e annebbia la mente come un vapore molle e fresco, il quale corregge i contorni troppo aspri del pensiero puro, colma qua e là lacune ed intervalli, collega l'insieme e sfuma gli angoli delle idee. Ma la troppa fantasticheria sommerge e annega. Disgraziato il lavoratore della mente che si lascia cadere del tutto dal pensiero nella fantasticheria!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Mario Ursula Mario