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      Quella casa si componeva d'un padiglione ad un sol piano: due sale al pianterreno, due stanze al primo piano, dabbasso una cucina e in alto un salottino, con un abbaino sotto il tetto, il tutto preceduto da un giardino con un'ampia cancellata, che dava sulla via. Quel giardino misurava circa ottanta pertiche. Era tutto ciò che i passanti potevano intravedere; ma dietro al padiglione v'era uno stretto cortile e in fondo al cortile un fabbricato basso, di due stanze, con cantina, una specie di nascondiglio atto a dissimulare all'occorrenza un bimbo e una balia. Quel fabbricato comunicava a tergo, per mezzo d'una porta finta, che s'apriva con serratura a segreto, con un lungo corridoio stretto, lastricato, sinuoso, a cielo aperto, limitato fra due alte muraglie e che, nascosto con un'arte prodigiosa e come perduto fra le cinte dei giardini e degli orti di cui seguiva tutti gli angoli e tutte le svolte, andava a far capo a un'altra porta, essa pure a serratura segreta, che s'apriva a un ottavo di lega di là, quasi in un altro quartiere, alla estremità solitaria di via Babilonia.
      Il signor presidente entrava di là, di modo che quegli stessi che l'avessero spiato e seguito e avessero notato come il presidente si recasse ogni giorno, misteriosamente, in qualche luogo, non avrebbero potuto immaginarsi che andare in via Babilonia significasse andare in via Blomet. In grazia di abili acquisti di terreni, l'ingegnoso magistrato aveva potuto fare quel lavoro di viabilità segreta in casa propria, sulla sua terra e quindi senza controlli; più tardi, aveva rivenduto a piccoli lotti, ad uso di giardini e d'orti, gli appezzamenti di terreno adiacenti al corridoio, ed i proprietarî di quei lotti di terra credevano da ambo le parti d'aver davanti agli occhi un muro divisorio e non sospettavano neppure l'esistenza di quel lungo nastro di pietra che serpeggiava fra due muri in mezzo alle aiuole e ai frutteti.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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