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      Pareva che quel giardino, creato un tempo per nascondere i misteri libertini, si fosse trasformato e fosse divenuto atto a dar ricetto ai misteri casti. Non aveva più pergolati, né zolle erbose, né recessi verdi, né grotte; ma invece una magnifica oscurità scapigliata, che ricadeva come un velo da ogni parte. Pafo s'era rifatto Eden. Una certa qual penitenza aveva risanato quell'eremo; quella fioraia, ora, offriva i suoi fiori all'anima; quel giardino civettuolo, così compromesso un tempo, era rientrato nella verginità e nel pudore. Un presidente aiutato da un giardiniere, un galantuomo che credeva di continuare Lamoignon e un altro che credeva di continuare Le Nôtre l'avevano disegnato, squadrato, raffazzonato, agghindato e adattato per la galanteria; la natura l'aveva riafferrato, riempito d'ombra e preparato per l'amore.
      E v'era pure, in quella solitudine, un cuore perfettamente pronto. L'amore non aveva che da mostrarsi; v'era là un tempio composto di verzura, d'erba, di muschio, di sospiri d'uccelli, di molli ombre di rami agitati e un'anima fatta di dolcezza, di fede, di candore, di speranza, d'aspirazione e illusione.
      Cosette era uscita dal convento ancor quasi bambina; aveva poco più di quattordici anni ed era «nell'età ingrata»; come abbiam detto, eccetto gli occhi, sembrava piuttosto brutta che bella. Pure, non aveva alcun lineamento spiacevole; ma era goffa, magra, timida e audace nello stesso tempo: una bambinona, insomma.
      La sua educazione era finita, il che significa che le avevan insegnato la religione ed anche, e soprattutto, la devozione; poi la «storia» ossia quella cosa che vien così chiamata nel convento, la geografia, la grammatica, i participi, i re di Francia, un po' di musica, il modo di fare lo schizzo d'un naso, eccetera.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





Eden Lamoignon Le Nôtre Francia