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      Ridiscese nel giardino, credendosi una regina, sentendo gli uccelli cantare (era inverno), vedendo il cielo dorato, il sole fra gli alberi e i fiori nei cespugli, smarrita e folle, in un inesprimibile rapimento.
      Da parte sua, Jean Valjean provava un profondo e indefinibile stringimento al cuore.
      Poiché, infatti, da qualche tempo, egli andava contemplando con terrore quella beltà che appariva ogni dì più raggiante sul dolce viso di Cosette; alba ridente per tutti, ma triste per lui.
      Cosette era stata bella parecchio tempo prima d'accorgersene; ma, già dal primo giorno, quella luce inattesa che s'alzava lentamente e avviluppava a poco a poco tutta la persona della fanciulla aveva ferito lo sguardo malinconico di Jean Valjean. Egli sentì che avveniva un cambiamento in una vita felice, tanto felice ch'egli non osava muoversi, per timore di spostare qualche cosa. Quell'uomo passato per tutte le ambasce, ch'era stato quasi malvagio ed era diventato quasi santo, che, dopo aver trascinato la catena della galera, trascinava ora quella invisibile ma pesante, di una infamia indefinita, quell'uomo che la legge non aveva lasciato andar libero, che poteva essere preso ad ogni istante e ricondotto dall'oscurità della sua virtù alla piena luce del pubblico obbrobrio; quell'uomo, diciamo, accettava tutto, scusava tutto, perdonava tutto, benediceva tutto e voleva bene a tutto, e chiedeva alla provvidenza, agli uomini, alle leggi, alla società, alla natura e al mondo, solo una cosa, che Cosette l'amasse!


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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