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      Del resto, nemmeno ella lasciò nulla scorgere a Valjean, all'infuori del suo pallore, e continuò a fargli il viso dolce. Ma quel pallore preoccupava anche troppo Valjean, che le chiedeva talvolta:
      «Che hai?»
      Ella rispondeva:
      «Nulla.»
      E dopo una pausa, come indovinasse la tristezza di lui, ella riprendeva:
      «E voi, babbo, avete qualche cosa?»
      «Io? Nulla,» egli rispondeva.
      Quei due esseri, che s'erano amati così esclusivamente d'un amore commovente, e che avevan sì a lungo vissuto l'uno per l'altro, soffrivan ora fianco a fianco, ciascuno per causa dell'altro, senza dirselo, senza esser in collera fra loro, sorridendo.
      VIII • LA CATENADei due, il più infelice era Jean Valjean. La gioventù, anche nei suoi dispiaceri, ha sempre una sua luce.
      In certi momenti, Valjean soffriva tanto, da diventar puerile poiché è una particolarità del dolore, far apparire il lato fanciullesco dell'uomo. Sentiva invincibilmente che Cosette gli sfuggiva e avrebbe voluto lottare, trattenerla, entusiasmarla con qualche cosa d'esteriore e di splendido. Queste idee, puerili, abbiam detto, e nello stesso tempo senili, gli diedero, appunto per la loro infantilità, una nozione abbastanza esatta dell'influenza della passamaneria sulla fantasia delle fanciulle. Un giorno, gli capitò di veder passare per via un generale a cavallo in grande uniforme, il conte Coutard, comandante la guarnigione Parigi: invidiò quell'uomo dorato e si disse che sarebbe stata una fortuna per lui poter indossare quella divisa, poiché era incontestabile che, se Cosette l'avesse visto in quel modo, ne sarebbe rimasta abbagliata e se gli fosse capitato di dare il braccio a Cosette e di passare davanti alla cancellata delle Tuileries, la sentinella gli avrebbe presentato le armi, ciò che sarebbe bastato a Cosette e le avrebbe tolto l'idea di guardar i giovani.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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