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      Intrecciava ghirlande di papaveri selvatici che metteva in capo e che, attraversati e immersi nel sole, imporporati di fiamma, formavano intorno a quel fresco volto roseo una corona ardente.
      Anche dopo che la loro vita era divenuta triste, avevan conservato l'abitudine delle passeggiate mattutine.
      Un mattino d'ottobre, dunque, tentati dalla serenità perfetta dell'autunno 1831, erano usciti e si trovavano sul far del giorno vicino alla barriera del Maine. Non era ancora l'aurora, ma l'alba; attimo pieno di un selvaggio fascino. Qualche costellazione qui e là nell'azzurro pallido e profondo, la terra completamente nera e il cielo tutto bianco, un fremito fra gli steli erbosi e dappertutto il misterioso trasalire del crepuscolo. Un'allodola, che sembrava congiunta alle stelle, cantava ad altezza prodigiosa, e si sarebbe detto che quell'inno della piccolezza all'infinito calmasse l'immensità. Ad oriente, la chiesa di Val de Grace profilava, sull'orizzonte chiaro, color acciaio, la sua massa scura; Venere splendente sorgeva dietro quella cupola e pareva un'anima che evadesse da un edificio tenebroso.
      Tutto era pace e silenzio. Nessuno sul viale; solo, lungo i marciapiedi, pochi radi operai, visibili appena, che si recavano al lavoro.
      Valjean s'era seduto nel viale laterale, sopra alcune travature deposte sulla porta d'un magazzino; aveva il viso rivolto verso la strada e le spalle alla luce e, dimenticando il sole che stava per levarsi, era seduto in una di quelle profonde astrazioni in cui tutta la mente si concentra, che imprigionano perfino lo sguardo, e paragonabili a quattro muri.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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