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      Cosette, per la quale era legge compiacere suo padre e a cui, del resto, ogni spettacolo era nuovo, accettò la distrazione colla buona grazia facile e leggera dell'adolescenza e non fece una smorfia troppo sdegnosa di fronte a quel piatto di gioia che si chiama una festa pubblica; tanto che Valjean poté credere d'esser riuscito a far sì che non rimanesse traccia dell'orrenda visione.
      Pochi giorni dopo, di mattina, sotto un bel sole, mentre erano entrambi sulla scalinata del giardino (altra infrazione alle regole che pareva si fosse imposte Valjean e all'abitudine di rimanere in camera, che la tristezza aveva fatto prendere a Cosette), Cosette, in accappatoio, stava in piedi in quell'abbigliamento dimesso del mattino, che avvolge adorabilmente le fanciulle e ha l'aria d'una nube sull'astro; e col capo in piena luce, rosea perché aveva ben dormito, guardata con dolcezza dal buon vecchio intenerito, andava sfogliando una margherita. Ignorava l'incantevole leggenda t'amo, un poco, appassionatamente, eccetera: e chi gliela avrebbe insegnata? Maneggiava quel fiore per istinto, senza sapere che sfogliare una margherita significasse scandagliare un cuore. Se vi fosse una quarta Grazia, chiamata la Malinconia, che sorridesse, ella avrebbe avuto l'aria di quella. Valjean contemplava affascinato quelle dita lievi sul fiore e dimenticava tutto nello splendore che veniva da quella fanciulla; un pettirosso cinguettava nel macchione vicino e alcune nuvole bianche attraversavano il cielo così lietamente che si sarebbero dette poste allora allora in libertà. Cosette continuava a sfogliare attentamente il suo fiore, come stesse pensando a qualche cosa, certamente graziosa.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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