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      Valjean rinasceva e la sua felicità riviveva con ineffabile splendore: il Lussemburgo, il giovane perdigiorno sconosciuto, il raffreddamento di Cosette, tutte queste nubi della sua anima si cancellavano, tanto ch'egli giunse a dire: «Ho immaginato io tutto ciò: sono un vecchio stolido.»
      La sua felicità era tale, che lo spaventoso incontro dei Thénardier nella casa Jondrette, tanto inatteso, era in certo qual modo scivolato su lui. Era riuscito a fuggire, la sua pista era perduta: che gli importava del resto? Vi pensava solo per compiangere quei miserabili. «Eccoli in prigione e ormai impotenti a nuocere,» pensava; «ma che disgraziata famiglia in miseria!»
      Quanto all'orrenda visione della barriera del Maine, Cosette non ne aveva più riparlato.
      In convento, suor Santa Matilde aveva insegnato la musica a Cosette. Ella aveva la voce d'una capinera con l'anima, e talvolta, di sera, nell'umile dimora del ferito, cantava alcune canzoni tristi, che rallegravano Valjean.
      La primavera stava giungendo e il giardino era così magnifico, in quella stagione, che Valjean disse a Cosette: «Non ci vai più: ed io voglio che tu torni a farvi le tue passeggiate.»
      «Come vorrete, papà,» disse lei. E, per obbedire al padre, riprese le passeggiate in giardino, per lo più da sola, poiché, come abbiam accennato, Valjean, il quale temeva probabilmente d'esser scorto dal cancello, non vi si recava quasi mai.
      La ferita di Valjean era stata una diversione.
      Quando Cosette vide che suo padre soffriva meno e sembrava felice, ne provò una contentezza che non notò neppure, tanto venne dolcemente e naturalmente.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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