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      E poi era marzo, i giorni andavano allungandosi e l'inverno se ne andava, quell'inverno che porta sempre seco qualche cosa delle nostre tristezze; poi venne l'aprile, alba dell'estate, fresco come tutte le albe, allegro come tutte le infanzie, sebbene un po' facile al pianto, talvolta, da quel bimbo che è. La natura, in quel mese, ha incantevoli bagliori che passano dal cielo, dalle nubi, dagli alberi, dai prati e dai fiori nel cuore dell'uomo.
      Cosette era ancor troppo giovane, perché codesta allegrezza d'aprile, che le rassomigliava, non la penetrasse. Insensibilmente e senza che se n'accorgesse, il buio se ne andò dalla sua mente. A primavera v'è luce nelle anime tristi, come a mezzogiorno nelle cantine; e perfino Cosette non era più tanto triste. Del resto, era così; ma ella non se ne rendeva conto. La mattina verso le dieci, dopo colazione, quand'era riuscita a trascinare per un quarto d'ora il babbo in giardino e a farlo passeggiare al sole, sorreggendogli il braccio ammalato, non s'accorgeva di ridere ad ogni momento e che era felice.
      Jean Valjean, inebbriato, la vedeva ritornare rosea e fresca.
      «Oh, che buona ferita!» diceva a bassa voce. Ed era riconoscente ai Thénardier.
      Una volta guarita la ferita, aveva ripreso le sue passeggiate solitarie e crepuscolari.
      Ma sarebbe un errore credere che si possa passeggiar soli in questo modo, nelle regioni disabitate di Parigi, senza imbattersi in qualche avventura.
      II • MAMMA PLUTARCO NON È IMBARAZZATA NELLO SPIEGARE UN FENOMENOUna sera il piccolo Gavroche non aveva mangiato; e si ricordò di non aver mangiato di più il giorno prima.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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