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      Allora, per cenare, cercò di dormire. Sonno di gatto, sonno con un occhio solo; mentre s'addormentava, Gavroche spiava.
      Il candore del cielo crepuscolare imbiancava la terra, e la viuzza formava una linea livida fra due filari di cespugli scuri.
      All'improvviso, su quella striscia biancastra, apparvero due profili; uno procedeva, e l'altro, a poca distanza, seguiva.
      «Ecco due esseri,» brontolò Gavroche.
      Il primo profilo sembrava di vecchio borghese, curvo e pensoso, vestito più che semplicemente, camminava lento per l'età, bighellonando nella serata, sotto le stelle. Il secondo era dritto, rigido, sottile, regolava il passo sul primo, ma, nella voluta lentezza del passo, si sentiva la sveltezza e la agilità. Quel profilo aveva, insieme con un non so che di selvaggio e inquietante, tutta l'apparenza di quello che allora veniva chiamato elegante: il cappello era di forma ricercata e la finanziera nera, di bel taglio e probabilmente di bella stoffa, era ben stretta alla vita. La testa s'ergeva con una specie di grazia energica e, sotto il cappello, s'intravedeva nel crepuscolo un pallido profilo d'adolescente, con una rosa in bocca. Quella seconda figura era ben nota a Gavroche: era Montparnasse.
      Quanto all'altra, non avrebbe potuto dir nulla, se non che era un vecchio dabbene.
      Gavroche si pose subito in osservazione. Uno di quei due passanti aveva evidentemente dei progetti sull'altro; e Gavroche era ben collocato per vedere il seguito. L'alcova era diventata assai a proposito un nascondiglio.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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