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      Era come l'ombra d'un uomo che fosse ritto in piedi sul limitare del macchione, a pochi passi alle spalle di Cosette.
      Ella rimase un minuto senza poter parlare, né gridare, né chiamare, né muoversi, né voltare il capo. Finalmente, raccolse tutto il suo coraggio e si voltò risolutamente: non v'era nessuno.
      Guardò in terra. L'ombra era scomparsa.
      Rientrò nel macchione e frugò arditamente in tutti gli angoli, andò fino alla cancellata e non trovò nulla.
      Allora si sentì davvero gelare. Era ancora un'allucinazione? Come! Due giorni di seguito? Un'allucinazione, passi; ma due! E quel ch'era inquietante, era che l'ombra non poteva essere un fantasma, perché essi non portano cappelli a staio.
      Il giorno dopo, Jean Valjean fu di ritorno e Cosette gli raccontò quel che aveva creduto di sentire e di vedere, aspettandosi di venir rassicurata e di vedere il babbo alzar le spalle, per dirle: «Sei una pazzerella.» Ma Valjean si fece meditabondo.
      «Non può esser nulla,» disse.
      La lasciò, con un pretesto, e si recò in giardino; e Cosette lo vide esaminare il cancello con molta attenzione.
      Di notte, ella si svegliò. Questa volta era sicura: sentiva distintamente camminare vicinissimo alla scalinata, sotto la sua finestra. Corse all'imposta mobile e l'aperse. V'era infatti in giardino un uomo con in mano un grosso bastone; nel momento in cui stava per gridare, la luna illuminò il profilo di quell'uomo: era suo padre.
      Tornò a coricarsi, dicendo fra sé: «È molto inquieto, dunque.»
      Jean Valjean passò in quel giardino tutta la notte e le due che seguirono; e Cosette lo vide dalle imposte.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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