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      «Però, che cosa buffa. E la mamma, che ci aveva detto che ci avrebbe condotti a prendere i rami di bosso benedetti, la domenica delle palme!»
      «... Della mano,» rispose Gavroche.
      «La mamma,» riprese il maggiore «è una signora che abita colla signorina Miss
      «...teriosa,» ribattè Gavroche.
      Intanto, egli s'era fermato e da qualche minuto andava tastando e rovistando tutte le specie di ripostigli che aveva nei suoi stracci. Infine rialzò il capo, con un'aria che voleva esser soltanto soddisfatta, in realtà trionfante.
      «Calmiamoci, bambocci. Ecco la cena per tutti e tre.»
      E cavò da una delle tasche un soldo.
      Senza lasciare ai due piccini il tempo di restare a bocca aperta, li spinse entrambi davanti a sé, nella bottega del fornaio, e mise il soldo sul banco gridando:
      «Garzone! Cinque centesimi di pane!»
      Il fornaio, ch'era il padrone in persona, prese un pane e un coltello.
      «In tre pezzi, garzone!» riprese Gavroche, e aggiunse con dignità: «Siamo in tre.»
      E vedendo che il fornaio, esaminati i tre commensali, aveva preso un pane scuro, si ficcò profondamente il dito nel naso, con un'aspirazione altrettanto imperiosa che se avesse avuto sulla punta del pollice la presa di tabacco del gran Federico e buttò in viso al fornaio questa indignata apostrofe:
      «Kecseksà?»
      Quelli fra i nostri lettori che fossero tentati di vedere in questa domanda di Gavroche al fornaio una parola russa o polacca, od uno di quei gridi selvaggi che gli Yoways e i Botocudo si gettano da una riva all'altra d'un fiume, attraverso le solitudini, sono avvertiti che si tratta d'una frase che essi (i nostri lettori) dicono tutti i giorni, in sostituzione dell'altra «Che cos'è questo?


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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