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      Disgraziatamente, Montparnasse era preoccupato. Appoggiò una mano sulla spalla di Gavroche e gli disse, accentuando ogni parola:
      «Ascolta, Gavroche, quel che ti dico. Se fossimo in piazza, col mio dogo, la mia daga e la mia diga, e se mi prodigaste molti quattrini, non ricuserei di godermela un poco; ma oggi non è il martedì grasso.»
      Questa frase bizzarra produsse sul birichino un effetto singolare. Egli si volse con vivacità, girò intorno con profonda attenzione gli occhietti scintillanti e scorse, a pochi passi, un agente municipale che volgeva loro le spalle. Gavroche si lasciò sfuggire una:
      «To', è vero!» che represse immediatamente e, stringendo con forza la mano a Montparnasse:
      «Ebbene, buona sera,» fece. «Me ne vado al mio elefante coi marmocchi. Nella supposizione che una notte tu avessi bisogno di me, vienimi a trovare là. Abito al mezzanino; ma non c'è portinaio. Chiederai del signor Gavroche
      «Bene,» disse Montparnasse.
      E si separarono, Montparnasse andando verso la Grève, Gavroche verso la Bastiglia. Il piccolo di cinque anni, tirato dal fratello che Gavroche tirava, girò parecchie volte il capo indietro, per veder andar via «Pulcinella».
      La frase oscura colla quale Montparnasse aveva avvertito Gavroche della presenza dell'agente municipale non conteneva altro talismano, all'infuori dell'assonanza dig, ripetuta quattro o cinque volte sotto forme diverse. Questa sillaba dig, non pronunciata isolatamente, ma inframmezzata con arte alle parole d'una frase, vuol dire: Attenti, non si può parlare liberamente.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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