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      Il mostro, ritto in piedi, immobile, cogli occhi aperti nelle tenebre, pareva meditare, come soddisfatto della sua buona azione, e riparava dal cielo e dagli uomini i tre poveri fanciulli addormentati.
      Per comprendere quel che segue, bisogna che il lettore ricordi come a quell'epoca il corpo di guardia della Bastiglia fosse posto all'altra estremità della piazza e quel che accadeva vicino all'elefante non poteva essere né scorto né inteso dalla sentinella.
      Verso la fine di quell'ora che precede immediatamente l'alba, un uomo sboccò di corsa dalla via Sant'Antonio, attraversò la piazza, girò intorno al grande recinto della colonna di Luglio e s'insinuò nella palizzata, fin sotto il ventre dell'elefante. Se una sorgente di luce qualunque avesse illuminato quell'uomo, si sarebbe indovinato, dal modo com'era tutto fradicio, che aveva passato la notte sotto la pioggia. Giunto sotto l'elefante, fece udire un grido bizzarro, che non appartiene a lingua umana e che solo un pappagallo potrebbe riprodurre; e ripeté un'altra volta quel grido, del quale l'ortografia seguente dà solo una pallida idea:
      «Chirichicchiù!»
      Al secondo grido, una voce chiara, allegra e giovanile rispose dal ventre dell'elefante:
      «Sì.»
      Quasi immediatamente, la tavola che chiudeva il buco si scostò e lasciò libero passaggio a un fanciullo, che scese lungo il piede dell'elefante e venne a cadere agilmente vicino all'uomo: era Gavroche. L'uomo era Montparnasse.
      Quanto a quel grido, chirichicchiù!, esso esprimeva certo quel che il fanciullo aveva voluto dire colla frase: Chiederai del signor Gavroche.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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