Ma ebbe un'idea, un'ultima idea, un lampo di luce; prese dalla tasca il pezzo della corda di Brujon, ch'egli aveva staccato dal camino dell'Edificio Nuovo e lo gettò nel recinto della palizzata.
      Quella corda cadde ai loro piedi.
      «Una vedova,» disse Babet.
      «La mia corda!» disse Brujon.
      «L'albergatore è lassù,» disse Montparnasse.
      Alzarono gli occhi, mentre Thénardier sporgeva un po' il capo.
      «Presto!» disse Montparnasse. «Hai l'altro capo della corda, Brujon?»
      «Sì.»
      «Lega i due capi insieme; gli getteremo la corda, egli la legherà al muro e ne avrà abbastanza per scendere.»
      Thénardier s'arrischiò ad alzare la voce.
      «Sono intirizzito.»
      «Ti scalderemo.»
      «Non posso fare un movimento.»
      «Ti lascerai scivolare e noi ti riceveremo.»
      «Ho le mani intorpidite.»
      «Lega soltanto la corda al muro.»
      «Non posso.»
      «Bisogna che uno di noi salga,» disse Montparnasse.
      «Tre piani!» fece Brujon.
      Un vecchio condotto di gesso, che aveva servito per una stufa un tempo accesa nella baracca, saliva lungo il muro e giungeva quasi nel punto in cui si scorgeva Thénardier; quel tubo, allora screpolatissimo e tutto buchi, è caduto in seguito, ma se ne vedono ancora le tracce. Era strettissimo.
      «Si potrebbe salire di lì,» fece Montparnasse.
      «Da quel tubo?» esclamò Babet. «Un uomo! Impossibile: ci vorrebbe un ragazzo.»
      «Ci vorrebbe un ragazzo,» ripetè Brujon.
      «Aspettate,» disse Montparnasse. «Ho quel che fa per noi.»
      Socchiuse pian piano la porta della palizzata, si assicurò che nessun passante attraversasse la via, uscì con precauzione, richiuse la porta dietro le spalle e partì di corsa in direzione della Bastiglia.