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      Non si sa che cosa si stia vedendo.
      Terzo, l'espediente. Il gergo vive sulla lingua e se ne serve a suo capriccio, pescandovi dentro a casaccio, se spesso si limita, quando ne ha bisogno, a snaturarla sommariamente e grossolanamente. Talvolta, colle parole usuali così deformate, complicate di puro gergo, esso compone pittoresche locuzioni, in cui si sente il miscuglio dei due elementi precedenti, la creazione diretta e la metafora: Le cab iaspine, je marronne que la roulotte de Pantin trime dans le sabri (il cane abbaia, io sospetto che la diligenza di Parigi passi nel bosco); Le dab est sinve, la dabuge est merloussière, la fée est bative (il padrone è stupido, la padrona è furba, la figlia è graziosa). Più spesso, allo scopo di tirar fuori di strada gli ascoltatori, il gergo si limita ad aggiungere indistintamente a tutte le parole della lingua una specie di coda ignobile, una terminazione in aille, in orgue, in iergue, o in uche. Così: Vousiergue trouvaille bonorgue ce gigotmuche? per: Trouvez-vous ce gigot bon? (trovate buono questo cosciotto di montone?); frase rivolta da Cartouche ad un secondino, per sapere se la somma offertagli per l'evasione gli conveniva. La terminazione in mar è stata aggiunta piuttosto recentemente.
      Il gergo, essendo l'idioma della corruzione, si corrompe presto; inoltre, siccome esso cerca di sfuggire, si trasforma, non appena si sente compreso. Al contrario di qualunque altra vegetazione, ogni raggio di luce uccide in esso quello che tocca. Perciò il gergo va decomponendosi e ricomponendosi senza posa, lavoro oscuro e rapido, che non si ferma mai; e fa più strada in dieci anni, che una lingua in dieci secoli.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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