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      Mario sentiva una barriera, la purezza di Cosette, e Cosette sentiva un appoggio, la lealtà di Mario. Il primo bacio era stato anche l'ultimo; in seguito, Mario non s'era spinto al di là dello sfiorare colle labbra la mano, o il fisciù, o un ricciolo dei capelli di Cosette. Per lui, ella era un profumo e non una donna; ed egli la respirava. Ella non rifiutava nulla ed egli non chiedeva nulla; Cosette era felice e Mario soddisfatto. Vivevano in quell'incantevole stato che potrebbe dirsi di un'anima affascinata da un'altra anima. Era l'ineffabile primo abbraccio di due verginità nell'ideale: qualche cosa come due cigni che s'incontrassero sulla Jungfrau.
      In quell'ora dell'amore, in cui la volontà assolutamente tace, sotto l'onnipotenza dell'estasi, il puro e serafico Mario, sarebbe stato piuttosto capace di recarsi da una sgualdrina, che di alzare la gonna di Cosette all'altezza della caviglia. Una volta, durante il plenilunio, Cosette si chinò per raccogliere qualche cosa in terra e il suo corpetto, aprendosi, lasciò scorgere la radice del seno; Mario volse gli occhi altrove.
      Che accadeva fra quei due esseri? Nulla: s'adoravano.
      Di notte, quand'essi vi si trovavano, quel giardino sembrava un luogo vivo e sacro. Tutti i fiori s'aprivan loro intorno, mandando i loro incensi ad essi che aprivan le loro anime e le versavano nei fiorì. La vegetazione lasciva e vigorosa, piena di linfa e d'ebbrezza, trasaliva intorno a quei due innocenti, alle cui parole d'amore gli alberi fremevano.
      E com'eran quelle parole?


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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