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      Non pensò neppure di parlarle dell'avventura notturna nella catapecchia dei Thénardier, della bruciatura e dello strano atteggiamento e della singolare fuga del padre di lei. Mario aveva momentaneamente dimenticato tutto; non sapeva neppure, la sera, quel che avesse fatto al mattino, né dove avesse pranzato, né con chi avesse parlato; aveva nelle orecchie canti che lo rendevan sordo ad ogni altro pensiero e non esisteva che nelle ore in cui vedeva Cosette. Allora, trovandosi in cielo, era naturale che dimenticasse la terra. Entrambi portavano languidamente l'indefinibile peso delle voluttà immateriali; così vivono quei sonnambuli chiamati innamorati.
      Ahimè! Chi non ha provato tutto ciò? Perché mai giunge un'ora in cui si esce da quell'azzurro e perché la vita continua ancora, dopo?
      Amare sostituisce quasi il pensare. L'amore è un ardente oblio del resto. Andate a chieder la logica alla passione! Non v'è maggior concatenamento logico assoluto nel cuore umano, di quanto non vi sia figura geometrica perfetta nella meccanica celeste. Per Cosette e Mario nulla più esisteva, all'infuori di Mario e Cosette; l'universo, intorno ad essi, era sprofondato. Vivevano in un minuto d'oro. Non v'era nulla davanti, nulla dietro; Mario pensava appena che Cosette aveva un padre; tutto si confondeva nella sua mente in un bagliore di luce. E di che mai parlavano, quegli amanti? Il lettore l'ha veduto: dei fiori, delle rondini, del sole morente, del sorgere della luna, cose importanti. S'eran detto tutto, fuorché tutto; il tutto degli innamorati è il nulla.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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