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      Mabeuf non accendeva mai fuoco nella sua stanza e andava a letto quand'era ancor chiaro, per non consumare candele. Pareva non avesse più vicini, poiché l'evitavano, quando usciva; ed egli se ne accorgeva. La miseria d'un bimbo interessa una madre, e quella d'un giovane interessa una fanciulla, ma la miseria d'un vecchio non interessa nessuno; fra tutte le indigenze, essa è la più fredda. Pure, papà Mabeuf non aveva del tutto perduto la sua serenità fanciullesca. La sua pupilla assumeva qualche vivacità quando si fissava sui libri, sorrideva quando osservava il Diogene Laerzio, esemplare unico; l'armadio a vetri era il solo mobile ch'egli avesse conservato, all'infuori dell'indispensabile.
      Un giorno, mamma Plutarco gli disse:
      «Non ho denari per comperar da cena.»
      Ciò ch'ella chiamava la cena, erano un pane e quattro o cinque patate.
      «E a credito?» fece Mabeuf.
      «Sapete bene che mi danno un rifiuto.»
      Mabeuf aperse la biblioteca, guardò a lungo tutti i suoi libri, uno dopo l'altro, come guarderebbe i suoi figli un padre costretto a decimarli, prima di scegliere; poi ne prese uno con mossa rapida, lo mise sotto il braccio ed uscì. Rincasò due ore dopo; non aveva più nulla sotto il braccio e depose trenta soldi sul tavolo, dicendo:
      «Preparate la cena.»
      Da quel momento, mamma Plutarco vide abbassarsi sul candido volto del vecchio una nube nera, che non si rialzò più.
      Il giorno seguente e l'altro ancora e tutti i giorni, bisognò ricominciare. Mabeuf usciva con un libro e rincasava con una moneta d'argento; siccome i rivenditori di libri lo vedevan costretto a vendere, ricomperavan da lui per venti soldi quel ch'egli aveva pagato venti lire, magari da loro stessi.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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