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      Intanto si suonava a raccolta; le guardie nazionali si vestivano e s'armavano in fretta, le legioni uscivano dai municipî e i reggimenti dalle caserme. Dirimpetto al passaggio dell'Ancre un tamburino ricevette una pugnalata; un altro, in via del Cygne, venne assalito da una trentina di giovanotti che gli sfondarono il tamburo e gli presero la sciabola; un altro veniva ucciso in via Grenier-Saint-Lazare. In via Michel Locomte tre ufficiali cadevano morti l'uno dopo l'altro. Parecchie guardie municipali, ferite in via dei Lombardi, tornavano sui loro passi.
      Davanti alla Corte Batava, un distaccamento di guardie nazionali trovava una bandiera rossa con questa iscrizione: Rivoluzione repubblicana, n° 127. Era proprio una rivoluzione?
      L'insurrezione aveva fatto del centro di Parigi una specie di cittadella inestricabile, tortuosa, colossale. Là era il focolare, là era evidentemente il nocciolo; tutto il resto era soltanto scaramuccia. E quel che dimostrava che tutto sarebbe stato deciso là, era il fatto che non vi si battevano ancora.
      In qualche reggimento, i soldati erano incerti, la qual cosa accresceva la spaventosa oscurità della crisi; essi ricordavano l'ovazione popolare che aveva accolto nel luglio 1830 la neutralità del 53° fanteria. Due uomini intrepidi e provati dalle grandi guerre, il maresciallo di Lobau e il generale Bugeaud, avevano il comando, Bugeaud sotto Lobau. Enormi pattuglie, composte di battaglioni di fanteria chiusi in mezzo a intere compagnie di guardia nazionale e precedute da un commissario di polizia colla sciarpa, andavano a far ricognizioni nelle vie insorte.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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