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      «Ebbene; se mi chiamate ancora signor di Courfeyrac, io vi chiamerò mamma di Veuvain. Ed ora parlate; che c'è? Cosa succede?»
      «C'è qualcuno che vuol parlarvi.»
      «E chi?»
      «Non lo so.»
      «Dove?»
      «Nel mio stanzino.»
      «Vada al diavolo!» fece Courfeyrac.
      «Ma sta aspettando da più di un'ora che voi rientrate!» riprese la portinaia.
      Nello stesso tempo, una specie di giovane operaio, magro, pallido, basso di statura, pieno di pustole, vestito con un camiciotto tutto a buchi e un paio di calzoni di fustagno assai rattoppati, che aveva piuttosto l'aria d'una ragazza travestita da giovanotto che non d'un uomo, uscì dalla portineria e disse a Courfeyrac con una voce che, proprio, non era per niente una voce di donna:
      «Il signor Mario, per favore?»
      «Non c'è.»
      «Tornerà stasera?»
      «Non ne so niente.»
      E Courfeyrac aggiunse: «Quanto a me, non tornerò.»
      Il giovanotto lo guardò fisso e gli chiese:
      «E perché?»
      «Perché sì.»
      «Dove andate, dunque?»
      «Che cosa te ne importa?»
      «Volete che vi porti quel cofano?»
      «Vado alle barricate.»
      «Volete che venga con voi?»
      «Come vuoi!» rispose Courfeyrac. «La strada è libera e il selciato appartiene a tutti.»
      E scappò di corsa, per raggiungere gli amici; quando li ebbe raggiunti, diede da portare il cofano ad uno di essi. Solo dopo un buon quarto d'ora s'accorse che il giovanotto li aveva effettivamente seguiti.
      Un assembramento non va precisamente dove vuole; abbiamo già spiegato che è portato da una ventata. Essi oltrepassarono Saint-Merry e si trovarono, senza troppo saper come, in via Saint-Denis.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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