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      Fa figura, è vero; ma intuisco che è in cattive acque. Dà una rivoluzione, così come un bottegaio che ha la cassa vuota dà un ballo. Non bisogna giudicare gli dei dall'apparenza; sotto la doratura del cielo intravedo un universo povero; sta per far fallimento la creazione. Perciò sono malcontento. Ecco: è il cinque giugno ed è quasi buio. Da stamattina aspetto che faccia giorno; ma non è venuto, e scommetto che non verrà in tutta la giornata. Ora, questa è un'inesattezza da commesso mal pagato. Sì, tutto è mal sistemato, niente che vada bene, questo vecchio mondo è tutto storto ed io passo all'opposizione. Tutto va a sghimbescio e l'universo fa pietà. È come per i bambini; coloro che li desiderano non ne hanno, mentre li hanno coloro che non li desiderano. Totale: io m'arrabbio. Oltre a ciò, mi affligge il vedere Laigle di Meaux, codesto calvo; mi umilia pensare che sono coetaneo di quel ginocchio. Del resto, io critico, ma non insulto. L'universo è quello che è, ed io parlo qui senza cattiva intenzione e per sgravio di coscienza: ricevete, Padre eterno, l'assicurazione della mia considerazione. Oh, per tutti i santi dell'Olimpo e per tutti gli dei del paradiso, io non ero fatto per essere parigino, ossia per rimbalzare eternamente, come un volano fra due racchette, dal gruppo dei perdigiorno a quello dei chiacchieroni! Ero fatto per esser turco e per guardare tutto il giorno quelle pettegole orientali che eseguiscono squisite danze egizie, lubriche come i sogni d'un uomo casto, oppure contadino della Beauce, oppure gentiluomo veneziano, circondato da gentildonne, oppure principotto tedesco, di quelli che fornivan mezzo soldato di fanteria alla confederazione germanica ed occupavan le ore d'ozio a far asciugare le calze sulla siepe, ossia sulla frontiera!


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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