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      Di estasi in cui ci si dimentica di baciarsi: casti sulla terra, si accoppierebbero nell'infinito. Sono anime dotate di sensi; si coricano insieme nelle stelle.»
      Grantaire stava iniziando la seconda bottiglia e, forse, la seconda arringa, quando un nuovo essere emerse dal foro quadrato della scala. Era un fanciullo non ancora decenne, cencioso, minuscolo, giallo, col viso che pareva un musetto, l'occhio vivace, enormemente chiomato, fradicio di pioggia, l'aria contenta.
      Il fanciullo, scegliendo senza esitare fra i tre, sebbene fosse evidente che non conosceva alcuno, si rivolse a Laigle di Meaux:
      «Siete voi il signor Bossuet?» chiese.
      «È il mio soprannome,» rispose Laigle. «Che vuoi da me?»
      «Ecco. Un grande biondo, sul viale, m'ha detto: <Conosci mamma Hucheloup?> Io ho detto: . Egli m'ha detto: <Vacci. Troverai là il signor Bossuet e gli dirai da parte mia A B C>. Vuol farvi uno scherzo, nevvero? M'ha dato dieci soldi.»
      «Prestami dieci soldi, Joly,» disse Laigle; poi voltandosi verso Grantaire: «Prestami dieci soldi, Grantaire,» continuò.
      Raccolse così venti soldi, che diede al fanciullo.
      «Grazie, signore,» disse il ragazzetto.
      «Come ti chiami?» chiese Laigle.
      «Navet, l'amico di Gavroche
      «Resta con noi,» disse Laigle.
      «Fa' colazione con noi,» disse Grantaire.
      Il fanciullo rispose:
      «Non posso; faccio parte del corteo e sono io quello che grida: Abbasso Polignac
      E strascicando a lungo i piedi, nel saluto più rispettoso possibile, se ne andò.
      Partito il ragazzo, Grantaire prese la parola:


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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