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      Poiché i passanti, ora, erano una folla; nessuno parlava, in quella calca, eppure ne usciva un ronzìo sordo e profondo.
      Verso la fontana dell'Albero secco v'erano alcuni «assembramenti», specie di gruppi immobili e cupi ch'erano, in mezzo all'andirivieni dei viandanti, come pietre in mezzo all'acqua corrente.
      All'ingresso della via Prouvaire, la folla non camminava più: era un blocco resistente e massiccio, solido, compatto, quasi impenetrabile, di persone ammassate che discorrevano a bassa voce fra loro. Non v'eran quasi più, là, giubbe nere e cappelli a staio, ma camiciotti, pastrani, berrette, teste irte e terree. Quella moltitudine ondeggiava confusamente nella nebbia notturna; il suo bisbiglio aveva l'accento roco d'un fremito e, sebbene non uno camminasse, si sentiva uno scalpiccìo nel fango. Al di là di quello strato di folla, nella via del Roule, nella via Prouvaires e nel prolungamento di via Saint-Honoré, non v'era più una sola finestra dietro la quale ardesse una candela; si vedevano sprofondarsi in quelle vie le file solitarie e decrescenti dei lampioni, di quei lampioni che, allora, assomigliavano a grosse stelle rossastre appese ad una corda e gettavano sul suolo un'ombra che aveva la forma d'un gran ragno. Quelle vie non erano deserte: vi si distinguevano fucili in fascio, baionette agitate e truppe che bivaccavano. Nessun curioso oltrepassava quel limite. Lì cessava la circolazione, finiva la folla e incominciava l'esercito.
      Mario voleva colla volontà dell'uomo che non spera più. Era stato chiamato e bisognava che andasse; trovò il modo d'attraversare la folla e d'attraversare il bivacco delle truppe, sfuggì alle pattuglie ed evitò le sentinelle.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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