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      Stavolta non si trattava di un miraggio, poiché la recidiva d'una visione è la realtà: era una cosa palpabile, era la scrittura raddrizzata nello specchio. Ed egli comprese.
      Vacillò, si lasciò sfuggire di mano il quinternetto di carta asciugante e s'abbattè nella vecchia poltrona a fianco della credenza, col capo reclinato e l'occhio vitreo, smarrito. Disse fra sé che la cosa era evidente, che la luce del giorno era per sempre eclissata, e che Cosette aveva scritto qualche cosa a qualcuno. Allora sentì la sua anima, ridivenuta terribile, gettare nelle tenebre un sordo ruggito: provate a togliere al leone il cane ch'esso tiene seco nella gabbia!
      Cosa bizzarra e triste, Mario, in quel momento, non aveva ancor ricevuto la lettera di Cosette; il caso l'aveva portata a tradimento a Jean Valjean, prima di consegnarla a Mario.
      Valjean, fino a quel giorno, non era stato vinto dalla sventura. Era stato sottoposto a prove terribili; non una sola via di fatto dell'avversa fortuna gli era stata risparmiata; la ferocia della sorte, armata di tutte le vendette e di tutto il disprezzo sociale, l'aveva preso per soggetto e gli si era accanita contro; ed egli non aveva indietreggiato e non s'era piegato davanti a nulla. Aveva accettato, quand'era stato necessario, tutte le situazioni più gravi; aveva sacrificato la propria inviolabilità umana riconquistata, aveva rinunciato alla libertà, aveva rischiato la vita, aveva tutto perduto e tutto sofferto, ed era rimasto disinteressato e stoico, tanto che in certi momenti si sarebbe potuto crederlo assente da se stesso, come un martire.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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