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      La ridotta era stata saviamente rifatta a mo' di muro, nella parte interna, e di macchione, nella esterna.
      Era stata ristabilita la scala di pietre che permetteva di salirvi, come sopra un muro di cittadella.
      Era pure stato dato ordine alla barricata, collo sgombrare la sala a terreno, scegliere per ambulanza la cucina e terminare la medicazione dei feriti; si era raccolta la polvere nera sparsa sul suolo e sui tavoli s'eran fuse palle, fabbricate cartucce, preparate filacce, distribuite le armi cadute, ripulito l'interno della ridotta, raccolti i rottami e trasportati altrove i cadaveri.
      I morti, in mucchio, furono deposti in via Mondétour, sempre dominata dagli insorti, e il selciato ha serbato a lungo l'impronta rossa in quel punto. V'eran fra i morti quattro guardie nazionali del circondario: Enjolras fece metter da parte le loro uniformi.
      Egli aveva consigliato due ore di sonno. Ora un consiglio d'Enjolras era una consegna; pure, solo tre o quattro ne approfittarono. Feuilly impiegň quelle due ore a incidere questa iscrizione sul muro dirimpetto alla taverna:
     
      vivano i popoli!
     
      Queste tre parole, scavate nella pietra con un chiodo, erano ancora leggibili su quel muro nel 1848.
      Le tre donne avevano approfittato della tregua notturna per scomparire definitivamente, la qual cosa levava un peso dallo stomaco agli insorti. Esse avevan trovato il modo di rifugiarsi in una casa vicina.
      La maggior parte dei feriti volevano e potevano ancora combattere. Sopra una lettiera di materassi e di fasci di paglia, nella cucina divenuta ambulanza, giacevan cinque uomini gravemente feriti, fra i quali due guardie municipali, che furon medicate per prime.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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