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      È vero, però, che gli insorti erano fatalmente bloccati; la barricata aveva tre fronti, ma non più uscita. «Fortezza, ma trappola,» disse Courfeyrac, ridendo.
      Enjolras fece ammucchiare vicino alla porta della taverna una trentina di pietre del selciato, «tolte in più», come diceva Bossuet.
      Il silenzio era ormai tanto profondo, dalla parte donde doveva giungere l'attacco, che Enjolras fece riprendere a ciascuno il suo posto di combattimento.
      Venne distribuita a tutti una razione d'acquavite.
      Nulla di più curioso d'una barricata che s'appresti ad un assalto. Ognuno sceglie il posto, come a teatro; chi si sdraia, chi s'appoggia sui gomiti, chi si corica sul fianco. Taluni si fanno un sedile colle pietre. Quest'angolo di muro dà fastidio? Ci si allontana da esso. Questo muretto protegge? Ci si ripara dietro. I mancini sono preziosi, perché prendono i posti incomodi per gli altri; molti s'accomodano in modo da combattere seduti: voglion esser comodi per uccidere e in buona posizione per morire. Nella funesta guerra del giugno 1848, un insorto dalla mira terribile e che si batteva dall'alto d'una terrazza sul tetto, si fece portare una poltrona alla Voltaire, dove una scheggia di mitraglia andò a raggiungerlo.
      Non appena il capo ordina «a posto per il combattimento», ogni movimento disordinato cessa; non più reciproche punzecchiature, non più crocchi separati, non più persone in disparte; tutto ciò che è nelle menti converge e si muta in attesa dell'assalitore. Una barricata prima del pericolo è il caos; durante il pericolo, è disciplina.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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