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      Uscì dal letto e fece le sue abluzioni dell'anima e del corpo, la preghiera e la pulizia personale.
      A stretto rigore, si può introdurre il lettore in una camera nuziale, ma non in una camera verginale. Se la strofa oserebbe a stento di farlo, la prosa non lo deve fare.
      È l'interno d'un fiore ancor chiuso, è un candore nell'ombra, è la cellula intima d'un giglio chiuso, che non dev'essere guardato dall'uomo, finché non sia stato guardato dal sole. La donna in boccio è sacra. Quel letto innocente che si scopre, quell'adorabile seminudità che ha timore di se stessa, per il piede bianco che si rifugia in una pantofola, quel petto che si vela davanti ad uno specchio, come se lo specchio fosse una pupilla, quella camicia che s'affretta a risalire e a nascondere la spalla per un mobile che scricchiola o per una carrozza che passa, quei nastri annodati, quelle fibbie agganciate, quei lacciuoli stretti, quei sussulti, quei lievi fremiti di freddo e di pudore, quella selvatichezza dolcissima di tutti i gesti, quella inquietudine quasi alata, là dove non v'è nulla da temere, le fasi successive dell'abbigliamento, altrettanto incantevoli quanto le nubi dell'aurora, non sono cose che torni conveniente raccontare: è già troppo l'avervi accennato.
      Lo sguardo dell'uomo dev'essere più religioso al cospetto dell'alzarsi d'una giovinetta, che davanti al sorgere d'una stella. La possibilità di raggiungere deve far capo ad un aumento di rispetto. La peluria della pesca, il color bigio vellutato della prugna, il cristallino raggiare della neve, l'ala della farfalla incipriata di polvere d'oro, sono cose grossolane in confronto alla castità che non sa neppure d'essere casta.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886